Assemblea telematica: si può fare o no?

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Complice altresì la recente riforma dell’art. 66 disp. att. c.c. che nella sua nuova formulazione ha previsto la possibilità di indire le assemblee telematiche.

Ma le applicazioni pratiche tardano ad arrivare, creando non poche incomprensioni tra coloro che ritengono, in forza del predetto articolo di potervi accedere e gli amministratori di condominio che per contro e per legittima prudenza ne rimandano l’attuazione.

Tra i motivi, l’assenza allo stato attuale di una piattaforma certificata che consenta di svolgere in totale tranquillità le assemblee di condominio, senza andare ad intaccare i formalismi giuridici richiesti per il suo svolgimento.

Parliamo di formalismi legati alla corretta convocazione, alla validità del voto, e a tanti altri profili giuridici sconosciuti purtroppo ai condomini che si affidano alla semplice lettura di “propagande” informative sguarnite tuttavia di ogni dettaglio esplicativo alla portata.

Partiamo innanzitutto da un punto pacifico.

Le assemblee di condominio fino ad oggi si sono tenute in presenza, con la possibilità di estendere a tutti la partecipazione e con la particolarità di consentire e verificare nella stessa sede la provenienza del voto e della delega. Un controllo scontato per alcuni, ma per niente scevro da tutti quei requisiti giuridici indispensabili atti a dichiarare formalmente valida un’assemblea, un voto e quindi una delibera. Delibera che deve essere inoppugnabile.

Le attuali piattaforme, occorre precisare, sono nate per gestire videoconferenze e non certamente per svolgere assemblee di condominio in cui l’esigenza di certificare le votazioni rimane allo stato del tutto insoddisfatta, esponendo dunque le delibere a concrete e possibili impugnazioni.

Altra questione attiene al diritto di partecipazione che, ai sensi del codice civile, deve essere garantito a tutti i condomini e non solo alla maggioranza. Prova ne sia che in caso di mancata convocazione anche solo di una persona il condomino ha pieno diritto di impugnare la delibera assunta in difformità del suddetto requisito formale.

Si pensi solo alla concreta possibilità che un condomino possa essere escluso dall’esercitare il pieno diritto di partecipazione alla tele assemblea perché sprovvisto di un computer, uno smart-phone o di una rete wi-fi o di una copertura rete insufficiente. Tanto basta per incappare in un fondato motivo di impugnazione e vedersi invalidare una delibera.

Da qui le remore nell’applicare una modalità di assemblea telematica, che per quanto innovativa non ha ancora trovato una sua applicazione pratica, non esistendo allo stato piattaforme in grado di sopperire alle attuali limitazioni informatiche.

Ora, se nei piccoli condomini questo diritto alla partecipazione in remoto, sia pur con il forzato ricorso alle attuali piattaforme di videoconferenza non certificate, può essere facilmente gestito mettendo d’accordo un numero limitato di persone, più difficile e rischioso appare il suo ricorso nelle grosse realtà condominiali, caratterizzate da diffuse litigiosità interne e contrapposizioni tra fazioni, più inclini a contestare e ad impugnare le irregolarità applicative.

Immaginiamo ora il rischio di incorrere in una impugnazione in quei dibattiti assembleari il cui ordine del giorno è di sostanziale importanza, quale una delibera di intervento straordinario di notevole entità di spesa, per comprendere le ragioni per cui il ricorso alla tele-assemblea così come attualmente pensata non sia operativamente attuabile.

Il riformato art. 66 disp.att. codice civile si pone certamente come precursore di una nuova tendenza di convocazione che andrà necessariamente riconsiderata non appena la tecnologia sarà in grado di superare le attuali limitazioni.

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